Le “acciaccature” del musicista
I musicisti sono molto spesso soggetti a qualche forma di dolore tanto che più dell’85% sviluppa almeno un episodio di rilievo nell’arco della carriera tale da limitare la capacità di suonare e il 71% è soggetto ad almeno un episodio (non invalidante) al mese (Silva et al. 2015, Yang et al. 2021).
Tali condizioni vengono definite in letteratura scientifica “performance related musculoskeletal disorders” (PRMD) e sebbene possano essere conseguenza di traumi acuti, generalmente sono il risultato di processi cronici da sovra-utilizzo (talvolta da sotto-utilizzo).
I disturbi muscoloscheletrici più diffusi interessano, nell’ordine: arti superiori (in particolare mani, polsi e gomiti), rachide lombare e cervicale (Silva et al. 2015).
Le cause sono multifattoriali e includono: deficit posturali, eccesso di carico musicale, stato di salute generale e livelli di stress psicologico.
Il sovraccarico funzionale nel suonare è comune sia negli studenti che nei musicisti esperti e può essere esacerbato dall’eccesso di competitività per migliorare o mantenere le proprie capacità performative anche a seguito di un infortunio.
I fattori di rischio sono molteplici e dipendono in parte dallo specifico strumento suonato ma generalmente includono movimenti ripetitivi e non ergonomici per periodi prolungati che producono sovraccarico e rigidità di specifici muscoli e debolezza di altri e possono essere esacerbati da cambiamenti improvvisi del calendario di performance, del repertorio o della tecnica strumentale nell’arco della carriera.
Gli strumenti a corda, ad esempio, richiedono posizioni asimmetriche prolungate e il sostegno di un peso che, se non adeguatamente gestito, può contribuire alla comparsa di dolore muscolo-scheletrico.
Talvolta, a tali caratteristiche implicite nella specifica pratica strumentale (ad es. violino, contrabbasso o flauto traverso) si sommano vizi comportamentali legati all’espressività o a mode in determinati stili musicali: si pensi, ad esempio, all’utilizzo della chitarra elettrica in posizione eccessivamente bassa nella musica rock o metal, ai ripetuti movimenti di iper-estensione lombare nei sassofonisti jazz o funk o alle posizioni protratte in flessione anteriore del busto nei pianisti jazz.
Una revisione sistematica recente di Yang e colleghi (Yang et al. 2021) fornisce un elenco dei principali disturbi riscontrati nelle varie tipologie di musicisti.
Tra i pianisti, i disturbi degli arti superiori più frequenti sono: contratture muscolari, dita a scatto e altri disturbi a carico dei tessuti molli. In tale categoria, il sesso femminile o la ridotta dimensione delle mani sembra rappresentare un fattore di rischio primario.
Nei suonatori di fiati e ottoni, i disturbi più frequenti riguardano: irritazioni nervose e compressioni radicolari, sindromi del tunnel carpale e sindromi di De Quervain al pollice.
Nei percussionisti, le condizioni dolorose più frequenti sono: tenosinoviti e neuropatie a mani e polsi, lombalgie e discopatie, disturbi muscolo-tendinei da spasmo, stiramento e fatica.
Tra i chitarristi, i disturbi muscolo-scheletrici più diffusi risultano essere: distonia focale (“crampo del musicista”) e sindrome del tunnel carpale, cervicalgia e lombalgia (Fjellman Wiklund 2005).
Il trattamento dei PRMD deve essere individualizzato e deve focalizzarsi sul proteggere le strutture sofferenti durante i periodi di maggior impegno concertistico (attraverso eventuali tutori o bendaggi), sulla detensione e/o rinforzo muscolare in base al caso specifico (anche in forma preventiva, sulla base dei fattori di rischio noti) e sull’educazione sanitaria alle più adeguate meccaniche corporee (igiene posturale), abitudini performative (routine di pratica, frequenza e tipologia di riscaldamento, durata della pratica con lo strumento) e agli stili di vita salutari (attività fisica).
Fondamentale è soprattutto un’attenta pianificazione del ritorno ai carichi normali, che deve essere lento e graduale e prevedere pause ricorrenti all’interno della routine di pratica con lo strumento, esattamente come usa fare con gli atleti professionisti.
Potrebbe essere utile richiedere un consulto fisioterapico / osteopatico per la valutazione funzionale, l’analisi del gesto strumento-specifico attraverso video registrazioni o foto e la pianificazione terapeutica.
Nei casi più renitenti al trattamento potrebbe rendersi necessaria una valutazione ortopedica / fisiatrica o addirittura l’intervento di un chirurgo specialista della mano.
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