Falsi miti sull’artrosi

ARTROSI, PROTUSIONI E LEGGENDE VARIE

“È da tre settimane che ho mal di schiena, sono andato a fare una risonanza magnetica e mi hanno trovato 3 protusioni e un disco assottigliato. Mi sa che dovrò smettere di sollevare pesi”.

“É ufficiale, sono vecchia. Ho fatto una lastra alle ginocchia perché avevo male a un ginocchio dopo l’ultima camminata in montagna e mi hanno detto che ho l’artrosi. Ce l’ho pure nell’altro ginocchio che non mi fa male”.

“Basta, è ora che smetta col tennis. Dopo le ultime due partite mi è venuto male alla spalla destra. Sono andato a fare l’ecografia e mi hanno trovato una lacerazione parziale del tendine del sovraspinoso. Il bello è che me l’hanno trovata pure nella spalla opposta”.

Frasi come queste sono piuttosto frequenti e rappresentano lo specchio di quanta confusione ci sia a livello della popolazione generale e, purtroppo, anche in molti professionisti sanitari, riguardo al significato clinico delle comuni degenerazioni muscolo-scheletriche associate al processo d’invecchiamento.

I primi segni radiologici di degenerazione articolare (usura cartilaginea e meniscale), degenerazione discale (bulging, riduzione di altezza dei dischi intervertebrali, protusioni) e degenerazioni tendinea (ispessimenti o lacerazioni) tendono a comparire verso i 30 anni anche in soggetti totalmente asintomatici.

Il riscontro di alterazioni articolari, tendinee, ossee e discali alle indagini strumentali non è sempre correlato alla presenza di dolore, tanto che spesso emerge anche in soggetti totalmente asintomatici o sull’arto opposto rispetto a quello dolente.

Dovrebbe, pertanto, essere inteso come espressione del naturale e fisiologico processo di invecchiamento che interessa qualsiasi struttura corporea, al pari di cambiamenti cutanei quali la comparsa di rughe o la perdita di capelli negli uomini, evidenti già in giovane età.

Volendo dare qualche numero, ad oggi sappiamo che:

  • Nei soggetti di età compresa tra 45 e 55 anni asintomatici il 67% presenta danni cartilaginei, il 46% osteofiti e il 37% degenerazioni meniscali, a livello del ginocchio (Kumm et al 2018).
  • Il 59% delle donne over 60 presenta degenerazioni e il 22% rotture tendinee a tutto spessore nella cuffia dei rotatori (di cui il 41% è asintomatico), a livello della spalla (Hinsley et al. 2022).
  • A 40 anni ben il 68% della popolazione asintomatica presenta degenerazioni discali, il 45% riduzioni nell’altezza dei dischi, il 50% bulging discali e il 33% protusioni discali a livello lombare (Brinjikji et al. 2015).

L’imprinting genetico di ciascuno, gli stress meccanici ripetitivi a cui ci si sottopone su base lavorativa o ricreativa, l’insorgenza di eventuali traumi o aumenti ponderali influenzeranno la cronologia e l’entità dell’usura delle varie strutture corporee che potranno, eventualmente, diventare fonte di dolore nel tempo e richiedere trattamenti di natura conservativa o chirurgica.

Nonostante la presenza di alterazioni strutturali su base degenerativa possa, talvolta, essere fonte di dolore o rappresentare un fattore di rischio per l’insorgenza in futuro di condizioni dolorose e impotenza funzionale, va sempre interpretata con cautela alla luce della multifattorialità del dolore — la cui percezione è spesso legata anche a fattori di natura psico-sociale.

È oggi noto, inoltre, come non vi sia una correlazione tra l’entità delle degenerazioni discali riscontrate, il dolore percepito e l’impotenza funzionale (Corniola et al 2016). Ovvero, soggetti con lievi segni di degenerazione discale potrebbero presentare livelli di dolore nettamente superiore rispetto a soggetti con gravi degenerazioni e questi ultimi potrebbero essere totalmente asintomatici.

L’eventuale ricorso all’imaging (rx, ecografia, risonanza magnetica ecc.) deve essere prescritto — se ritenuto necessario — da un medico specialista e soltanto dopo un’attenta valutazione clinica.

Sottoporsi inutilmente a esami diagnostici, specialmente nei soggetti ansiosi, potrebbe creare inutili ansie, tendenza alla catastrofizzazione e all’abbandono dell’attività fisica, avviando un circolo vizioso che può portare a un peggioramento del dolore percepito e della qualità di vita.

La presenza di degenerazioni artrosiche, tendinee o discali non rappresenta, di per sé, un motivo valido per smettere di sollevare carichi o di praticare attività fisiche e sportive.

Sarà premura dello specialista competente suggerire, se indicato dal caso specifico, qualora sia necessario un periodo di astensione dagli sforzi o, piuttosto, una rimodulazione della frequenza, intensità e modalità di sollecitazione, ben consapevole della centralità dell’esercizio fisico nella prevenzione e cura di praticamente qualsiasi disturbo muscolo-scheletrico.

La miglior cura per contrastare il fisiologico processo di invecchiamento e degenerazione di qualsiasi struttura corporea rimane il movimento!

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