ACUFENI

Col termine acufene (‘tinnitus’) si intende la percezione cosciente di una sensazione uditiva in assenza di uno stimolo sonoro esterno. Può essere soggettivo, quando la sensazione riguarda solo l’individuo o oggettivo, quando anche un osservatore può udirlo (Baguley et al. 2013). 

Può essere descritto come un fischio, un sibilo, uno squillo o talvolta come un suono più complesso (una voce o una musica), talvolta ritmico o pulsante. Qualora sia pulsante, spesso in sincronia col battito cardiaco, potrebbe essere di origine cardiovascolare, mentre nei casi di asincronicità col battito cardiaco potrebbe essere legato a uno spasmo dei muscoli palatali o dell’orecchio medio.

L’acufene può essere costante o intermittente e talvolta coinvolgere più di un suono. Può essere localizzato a una o entrambe le orecchie o essere percepito al centro della testa.

L’acufene si classifica in: acuto, quando persiste fino a tre mesi; subacuto, quando persiste fino a sei mesi; cronico, quando persiste oltre sei mesi.

Tra le cause possibili di acufene rientrano patologie o disfunzioni dell’orecchio quali otiti, corpi estranei, tappi di cerume, ipoacusie, neurinomi acustico-vestibolari, l’assunzione di farmaci (oto-) tossici, dismetabolismi come il diabete ecc.

Può talvolta essere determinato da segnali sonori legati a disfunzioni somatiche, centrali o miste, interpretate come segnali sonori o trasformati in segnali sonori dal sistema nervoso centrale (acufene miofasciale o somatico) (Romagnoli). 

Tra le strutture potenzialmente coinvolte nella genesi degli acufeni somatici possiamo citare: i muscoli dell’orecchio medio o del palato, i muscoli masticatori, cervicali e peri-scapolari o le articolazioni temporo-mandibolari in disfunzione.

L’intensità di percezione dell’acufene può variare ed essere per alcuni soggetti in chiara correlazione con l’aumento dei livelli di stress. 

Sebbene per alcuni soggetti non rappresenti una condizione particolarmente invalidante, per altri può essere, invece, motivo di grande frustrazione e disabilità.

Alla luce della grande eterogeneità delle presentazioni cliniche, la gestione degli acufeni rappresenta una grossa sfida sia per la comunità scientifica che per i vari professionisti sanitari (medici, fisioterapisti, osteopati) che a diverso titolo potrebbero trovarsi a gestirne gli effetti.

Lo specialista di riferimento per l’inquadramento diagnostico è il medico otorinolaringoiatra, il quale, sulla base di valutazioni anamnestiche e strumentali (audiometria, ricerca LDN, acufenometria, questionari…) definirà l’esatta natura dell’acufene e fornirà le idonee indicazioni terapeutiche.

Nei casi di acufeni di origine somatica (ad esempio legati a tensioni muscolari, disfunzioni oro-facciali o temporo-mandibolari) potrà in seguito essere utile rivolgersi a un fisioterapista (o osteopata) opportunamente formato.

I trattamenti manipolativi oro-facciali, craniali e cervicali o meglio ancora le combinazioni di terapia manuale cervico-mandibolare, esercizi ed educazione alla corretta gestione sembrano, infatti, indurre i migliori risultati sugli acufeni di origine somatica.

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